Molte mamme si saranno sentite dire, quando erano incinte, “Ora devi mangiare per 2!”.

    Questo mito va del tutto smentito. Una donna in stato interessante infatti, non deve stravolgere le proprie abitudini alimentari, ma dovrà bensì essere molto attenta a non prendere troppi chili, pena altrimenti l’andare incontro a difficoltà durante il periodo della gestazione ed al momento del parto con conseguenti rischi a carico del feto.

    Ma quale è il peso giusto da raggiungere al termine della gravidanza? Dipende dall’indice di massa corporea (IMC) che aveva la futura mamma prima del concepimento. Donne normopeso, con un IMC compreso tra 18 e 25, dovrebbero vedere aumentare il proprio peso corporeo da un minimo di 11 ad un massimo di 16 kg. Se invece si parte da una condizione di sovrappeso, con IMC posto tra 25 e 30, il “range” si abbassa e si pone tra 7-11 chili. Le donne che invece partivano da uno stato di obesità, IMC maggiore di 30, devono cercare di contenere l’aumento di peso entro i 7 chilogrammi.

    Rispettare questi valori, evita da un lato di incorrere in spiacevoli inconvenienti (gestosi, reflusso gastroesofageo, nausea, stipsi, diabete gestazionale) dall’altro permetterà alla mamma di tornare ad un peso forma in modo più agevole ed in tempi rapidi.

    Vediamo ora quali sono le principali raccomandazioni nutrizionali nel periodo gestazionale. Moderare il consumo di sostanze nervine (caffè, the), poiché un loro abuso è correlato con un maggior rischio di incorrere in aborti spontanei. Non bere quindi più di 3 caffè ed una tazza di the al giorno. Fare molta attenzione anche ad altre fonti di caffeina quali cioccolata, bevande alla cola e a base di cacao.

    Limitare l’uso di dolcificanti artificiali, quali aspartame e saccarina, per ridurre il rischio di soffrire di senso di nausea fare pasti frequenti (5-6 pasti giornalieri) e leggeri, evitare piatti troppo grassi che risultano meno digeribili, evitare le fritture, preferire alimenti secchi e ricchi di carboidrati complessi (pane, fette biscottate, biscotti secchi).

    Nel terzo trimestre i fenomeni di reflusso gastroesofageo e stipsi si accentuano ancora di più a causa della compressione cui sono soggetti stomaco ed intestino. Oltre alle regole sopra citate, evitare l’uso di spezie e cercare di non bere troppo durante i pasti e quindi farlo preferibilmente lontano da essi.

    Per contrastare l’eventuale stipsi invece, occorre aumentare il consumo di acqua e fibre, cercando quindi di privilegiare il consumo di alimenti fatti con farine integrali ed evitare invece quei cibi che possono aumentare il gonfiore intestinale (legumi non passati).

    Per chi sia risultato negativo al test della toxoplasmosi, sarà importante non consumare carne cruda o poco cotta e lavare molto accuratamente (con l’ausilio del bicarbonato) frutta e verdura.

    E’ molto importante che la futura mamma implementi il consumo di latte e derivati (4-5 porzioni giornaliere), al fine di raggiungere la soglia di fabbisogno quotidiano di calcio, che in gravidanza aumenta fino a 1200 mg. Anche gli acidi grassi essenziali (omega 3 ed omega 6) devo essere adeguatamente introdotti con la dieta, poiché sono importanti per il corretto sviluppo del sistema nervoso e visivo del feto. Largo spazio quindi a pesce, olio d’oliva e legumi. Tra le vitamine, oltre l’acido folico (di cui è comunque sempre consigliata l’assunzione tramite integratori), aumenta il fabbisogno di vitamina C (aiuta l’assorbimento del ferro), vitamina D (per la formazione dello scheletro del feto e per l’assorbimento del calcio) e di vitamina B12 (concorre alla formazione dei globuli rossi).

    Anche alcuni minerali vedono aumentare il loro fabbisogno giornaliero durante il periodo di gestazione, tra questi ricordiamo il ferro, il fosforo, il calcio ed il magnesio.

    Per finire, vorrei sfatare un mito concernente la montata lattea. C’è chi afferma che bere molta birra aumenti la produzione di latte. Non è assolutamente vero, casomai conferisce a quest’ultimo un sapore amaro e quindi sgradevole per il bambino, senza contare il fatto che l’acol contenuto nella birra passa nel latte e viene quindi assunto dal neonato.